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Due giovani medici su tre scappano dalla Campania

NAPOLI — Cervelli in fuga. Verso il Centro Nord. Ma sempre più spesso anche verso l’estero. Su 35.435 giovani entro i 40 anni espatriati, di cui 20.650 nella fascia d’età tra i 30 e i 40 e gli altri 14.785 tra i 20 e i 30, i campani sono stati 5.240, di cui il 57 per cento uomini e il 43 per cento donne. Più dei calabresi, che sono 4.813, e dei pugliesi, attestati su 3.978, ma meno dei siciliani, che sono più di 7000. La meta preferita resta l’Europa, che nel 2012 ha assorbito quasi il 70 per cento degli espatri degli under ’40, seguita dall’America del Sud, quella del Nord e del Centro, e dall’Asia – Africa – Oceania. Nello specifico dei Paesi, la Germania si conferma la nazione più attrattiva nei confronti dei giovani campani tra i 20 e i 40 anni, seguita a ruota dalla Gran Bretagna e dalla Svizzera. Si tratta di giovani dotati di un’eccellente formazione, i quali abbandonano la nostra regione alla ricerca di maggiori opportunità lavorative soprattutto all’estero. Da anni, quegli stessi brillanti giovani campani, se e quando vengono messi alla prova nell’ambito dei confini regionali, raggiungono importanti risultati nella ricerca e nelle professioni, a beneficio di istituti di ricerca e aziende che hanno investito su di loro.

Un caso emblematico è costituito dai camici bianchi in fuga all’estero: negli ultimi anni sempre più medici, dentisti, veterinari e farmacisti hanno chiesto al ministero della Salute i documenti per poter lavorare all’estero, in Europa, soprattutto in Germania, Gran Bretagna e Danimarca. Oggi due giovani laureati in medicina su tre emigrano dalla Campania verso altre regioni italiane o oltre confine. Si tratta di un fenomeno migratorio preoccupante che a medio e lungo termine rischia di diventare davvero allarmante. Ecco perché questi dati, elaborati da «Campania Innovazione», guidata da Edoardo Imperiale, che saranno discussi a fine anno nel corso di un convegno internazionale sulla migrazione giovanile che si terrà a Napoli, meritano un’analisi approfondita. In quanto, dietro questi aridi numeri, si può scorgere la punta dell’iceberg di un malessere che colpisce le giovani generazioni meridionali, non solo conseguente, com’è ovvio, alla mancanza di opportunità occupazionali ma anche frutto di una disaffezione verso una subcultura del lavoro che non valorizza i talenti, che premia solo chi ha Santi in paradiso e non chi è meritevole, che accomuna sullo stesso livello retributivo i bravi e capaci e gli scansafatiche. L’anno scorso i giovani Neet «Not in education, employment or training», sono stati 1 milione 850 mila nelle regioni meridionali. «Nel 2012 — spiega il direttore della Svimez, l’economista Riccardo Padovani — circa il 55 per cento dei giovani Neet italiani risiedeva nel Sud. E il loro incremento è correlato al consistente tasso di abbandono dell’Università, particolarmente elevato nel Mezzogiorno». Ventimila laureati meridionali in fuga all’estero sono davvero troppi. Nel 2000 i laureati che emigravano dalla Campania erano l’8,7 per cento, nel 2012 sono arrivati al 22,7 per cento, poco meno di tre volte in più. Ma, è scritto nel Rapporto Svimez 2013, accanto ai trasferimenti di residenza, si è andata consolidando una nuova forma migratoria determinata dalla precarietà del lavoro e dai relativamente più bassi livelli retributivi che i nuovi migranti meridionali trovano al Nord. Si tratta di una forma di pendolarismo di lungo periodo, di spostamenti temporanei, legati al lavoro, che non consentono cambiamenti di residenza anagrafica.

Secondo le ultime statistiche, i pendolari Sud – Nord, dopo la forte flessione del biennio 2009-2010 in cui erano scesi a 130 mila, nel 2012 hanno superato le 155 mila unità. Qualche primo tentativo per arginare questa vera e propria fuga dei giovani, soprattutto laureati e diplomati, il governo sta provando a farlo. Proprio nell’ultimo consiglio dei ministri ha varato quel decreto «Valore Cultura», messo a punto dal ministro dei Beni Culturali Massimo Bray, per realizzare un programma di inventario digitale, affidato a 500 laureati entro i 35 anni, di cui i primi 100 nelle regioni dell’Obiettivo convergenza, tra cui, oltre la Campania, figurano Calabria, Puglia e Sicilia. «Per crescere — sbotta il ministro degli Esteri Emma Bonino — l’Italia deve cambiare mentalità e smettere di parlare di cervelli in fuga, guardando invece ai giovani che vanno all’estero per poi tornare come cervelli in movimento. Non c’è niente di male se i ragazzi vanno fuori per alcuni anni, anzi la vedo come un’enorme apertura e capacità di testare se stessi nel mondo». E le cifre le danno ragione, perché non ci sono solo cervelli in fuga, in quanto poco meno di 4mila italiani hanno già beneficiato delle agevolazioni della «Legge Controesodo», usufruendo di incentivi fiscali, dopo almeno due anni di lavoro o studio all’estero. Attualmente i campani, non solo giovani, residenti all’estero sono 430mila, un numero davvero molto elevato, pari a circa il 10 per cento, in rapporto al totale degli italiani trasferitisi oltre confine, che sono, secondo i dati dell’Aire, oltre 4 milioni 341mila. Negli ultimi 10 anni, in base a stime del Cnr, sono scappati da Napoli più di 400 mila abitanti, di cui 200 mila sono giovani tra i 18 e i 30 anni. E il 40 per cento degli studenti partenopei ha intenzione di lasciare la città all’indomani del diploma. Attualmente gli abitanti della capitale del Mezzogiorno sono sotto il milione: 958.033 a marzo di quest’anno. Eppure alla fine del 1.500, con i suoi 540 mila abitanti, Napoli era la città più popolosa d’Europa e nel 1.600 contava più abitanti di Londra e Parigi.

Emanuele Imperiali

Corriere del mezzogiorno

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